L'impresa della Juventus ha ragioni precise e circostanziate, che il semplice ardore o la voglia di riscatto non possono giustificare. Certo, le motivazioni hanno giocato un ruolo non di secondaria importanza, ma il successo va ricondotto all'interno di determinati aspetti tecnico-tattici:
1 – Il Modulo
Nei giorni precedenti, l'ipotesi che andava per la maggiore era quella di una cosiddetta “allegrata”, cioè una scelta di uomini e modulo assolutamente inedita ed imprevista che il tecnico livornese aveva già attuato in situazioni simili. Alla fine invece non è accaduto nulla di tutto ciò, almeno sulla carta. La Juve si è schierata con il consueto 4-3-3 con Spinazzola nelle veci dello squalificato Alex Sandro. Tutto normale insomma, e invece nocome vediamo nel passaggio successivo di questa analisi...
2 – L'interpretazione
Che l'Atletico fosse vulnerabile sugli esterni era cosa nota; il problema era trovare il modo ed il tempo giusto per attaccare le bande laterali dei Colchoneros e, visti i risultati dell'andata, non si trattava esattamente di un'impresa semplice. L'intuizione di Allegri sta nella scelta di Emre Can; il tedesco sulla carta gioca da mezz'ala destra, ma in realtà si abbassava andando di fatto a formare una difesa a tre che permetteva a Cancelo di spingere da quel lato sapendo di essere con le spalle coperte ma di riflesso anche a Spinazzola a sinistra, uno che quando giocava a 5 nell'Atalanta arava la fascia che era un piacere e così è stato. Con Bernardeschi e Ronaldo poi che si andavano ad allargare, la superiorità numerica era garantita. Nella zona nevralgica inoltre, l'onnipresenza di Emre Can portava al tre contro due con Saul e Rodri presi in mezzo ed anche in difficoltà per l'ondivagare di un Bernardeschi che quando tagliava dentro non aveva nessuno a coprirlo (vedi gol dell'1-0, ndr).
3 – L'intensità
Se nella gara del Wanda Metropolitano abbiamo accusato la Juventus di essere in palese ritardo di condizione, la sfida dello Stadium ha diametralmente ribaltato la prospettiva, con alcuni uomini chiave a macinare chilometri in campo e soprattutto mettendo una pressione costante agli uomini di Simeone che non hanno mai avuto una vera chance di uscire rapidamente in contropiede e soprattutto tutte le seconde palle finivano sistematicamente nei piedi bianconeri.
4 – Cristiano Ronaldo
Alla fine possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo, ma se questo ragazzino di 34 anni decide di vincere una partita, la vince. Il portoghese finora aveva segnato un solo gol in questa Champions League ma quando vede una maglia biancorossa si scatena: sono 26 i gol realizzati contro l'Atletico e il tris offerto allo Stadium è di stordente efficacia. L'Europa è il suo terreno di caccia e nelle partite decisive risponde sempre presente; carica l'ambiente, il pubblico, i compagni, vuole tutti sul pezzo e non sbaglia una mossa. Dapprima va a punire oltre i suoi demeriti Juanfran che a sinistra non si trova granché, lo sovrasta sul secondo palo e riapre i discorsi. Poi, ad inizio ripresa, salta in mezzo a Godin e Gimenez, due che di solito di testa dominano (e che peraltro hanno firmato le due reti dell'andata, ndr) e batte di due centimetri uno dei migliori portieri al Mondo, Oblak, che ci arriva sì, ma quando ormai è oltre la linea ed infine va a realizzare il rigore della qualificazione. Lui questi non li sbaglia (chiedere alla stessa Juve per conferma, ndr), potrà sbagliare contro Beiranvand nel girone mondiale o contro Sorrentino, ma quando il pallone pesa 7 kg state tranquilli che lo butterà dentro...
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