Da dove partire per sbrogliare la matassa di un 4-3 che sembra non avere ne capo ne coda? Forse un argomento ricorrente su tutti i centottanta minuti tra City e Tottenham lo si può trovare: gli skyblues non sono mai stati in grado di prendere in mano la sfida dal punto di vista mentale .
Già la gara di andata aveva prestato il fianco alle critiche per un atteggiamento forse troppo guardingo per evitare il gol che è poi arrivato comunque, ma ancora di più nella gara di ieri sera è venuta a galla tutta la volubilita della squadra di Guardiola.
I primi dieci minuti sono qualcosa di talmente inconciliabile con il paradigma di calcio ad alti livelli che siamo abituati a vedere da rendere difficile un’analisi pienamente razionale. Il vantaggio di Sterling fa partire una reazione a catena incontrollata di errori marchiani (gravissimi quelli di Laporte) e di altrettanti gol di Son, con una giostra che riporta a due le reti da segnare per passare il turno.
Arriva un altro gol di Sterling, su assist fantascientifico di de Bruyne, e la partita sembra tornare nettamente nelle mani del City che può imporre quasi a piacimento suo il possesso palla e anche un buon dominio territoriale, a maggior ragione dopo l’uscita forzata di Sissoko per infortunio, dove Pochettino consegna deliberatamente il dominio della metà campo agli avversari.
Questa egemonia porta i suoi frutti con il gol del 4-2. Qui Guardiola riprova a mettere la sua squadra nelle condizioni di gestire con calma le sorti dell’incontro con l’ingresso di Fernandinho al posto di David Silva, ma i risultati disattendono ancora una volta le aspettative. La squadra si abbassa senza nemmeno concedere grandissime opportunità al Tottenham che però con pazienza ritrova la via del gol, in modo tutt’altro che elegante questo va detto, ma sufficiente a rimettersi avanti e rimanerci fino al fischio finale.
Cosa manca dunque a questo Manchester City? Senza dubbio la capacità di rimanere lucido, sia a livello di singoli sia nelle decisioni prese dall'allenatore, nella gestione dei momenti in cui per forza di cose non è possibile spingere al massimo sull’acceleratore; questa squadra al massimo del suo potenziale, lo abbiamo visto a tratti anche stasera, può trovare la via della porta con una facilità impensabile, ma sembra non essere capace di rallentare il ritmo se non spegnendosi del tutto.
Guardiola dovrà fare tesoro di questa eliminazione, che ha perlato più di un punto in comune con quella subita al primo anno di Pep contro il Monaco, per riuscire a dare delle pause ragionate al gioco di una squadra che, visti i presupposti, può ritentare senza altri timori la campagna europea nella prossima stagione.
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