Non è stata di certo la finale più emozionante degli ultimi tempi, che probabilmente non ha nemmeno reso giustizia fino in fondo al percorso fatto dalle due squadre per arrivare a contendersi il trofeo al Wanda Metropolitano, ma Tottenham-Liverpool ci ha dato ancora un volta la prova di avere di fronte due grandissimi allenatori, capaci di scrutarsi a vicenda traendo il massimo quando l’avversario ha prestato il fianco.

Vanno evidenziati anzitutto due aspetti che hanno pesantemente condizionato lo svolgersi della partita. Il primo e più evidente è stato il crollo quasi verticale della forma fisica di entrambe le squadre dalle ultime uscite stagionali ad oggi. Nonostante la parziale giustificazione data dalle temperature ormai estive della capitale spagnola, era sotto gli occhi di tutti la fatica diffusa nel riuscire a mantenere i soliti ritmi indiavolati; questo a certamente inficiato sullo spettacolo e ha costretto i tecnici a trovare soluzione alternative alla sola intensità di gioco.

In secondo luogo non vanno trascurate le difficoltà di alcuni titolari rientranti dagli infortuni. Nessuno dei tre giocatori in dubbio nell’ultima settimana. Né Kane e Winks in casa Spurs Firmino per i Reds  sono riusciti ad entrare nel vivo del match con la convinzione e l’efficacia di chi è al meglio delle proprie potenzialità, contribuendo all’ulteriore rallentamento generale. Se per il Liverpool il problema è stato superato diminuendo la costruzione per vie centrali, per il Tottenham la presenza di un Kane a mezzo servizio ha significato un downgrade sensibilissimo rispetto alle abitudini, con un grande accentratore di gioco come il centravanti dei Tre Leoni la manovra doveva assolutamente passare dalle sue giocate anche in uno contro uno con i centrali, ma questo non è avvenuto praticamente mai.

Questo cappello introduttivo serve per capire come le due squadre si siano equivalse dal punto di vista tattico. Klopp e Pochettino sono riusciti ad incartarsi a vicenda. Il tedesco, raggiunto il vantaggio in maniera piuttosto estemporanea, ha lasciato in modo quasi totale l’iniziativa agli avversari. Il Tottenham dal canto ha saputo utilizzare bene il possesso a scopo difensivo, visto che i molti errori di costruzione risultavano comunque poco pericolosi, concedendo pochissimo agli attacco avversario, presentatoti con reali possibilità di segnare solo con una sassata di Robertson dopo una discesa con successivo inserimento nel mezzo-spazio di sinistra e con un tiro di Milner poco dentro l’area su uno scarico,  finito a lato per qualche centimetro a Lloris battuto.

Allo stesso tempo il possesso del Tottenham non ha mai dato la sensazione di poter cingere d’assedio la retroguardia Reds. Le occasioni da taccuino per gli Spurs non sono certo fioccate e quasi sempre sono state frutto di tiri da lontano piuttosto velleitari o conclusioni derivate de seconda palle recuperate in situazioni poco pericolose, è mancata soprattutto l’attitudine mentale ancorché fisica per arrivare al pareggio.

Il Liverpool ha fatto suo il match sia grazie agli episodi, un rigore dopo un minuto condiziona inevitabilmente la partita, sia nelle piccole vittorie dei duelli individuali. Va detto che non c’è stato nessuno giocatore davvero annichilito dal suo diretto avversario (questo considerando anche le condizioni fisiche), ma alcune fasi di superiorità hanno dimostrato la superiorità della squadra di Klopp su gran parte dei singoli giocatori.

Da rimarcare la gara dei due terzini in particolar modo. Alexander-Arnold e Robertson hanno dato il loro contributo con costanza sui novanta minuti, accollandosi in buonissima parte la costruzione del gioco viste le difficoltà del centrocampo, senza dubbio i due migliori in campo. Assieme a loro citiamo il solito, enorme, Virgil van Dijk, l’olandese corona questo anno e mezzo nel Merseyside con una peculiare quanto indicativa statistica, nelle ultime 64 presenze, nessun giocatore è mai riuscito a superarlo in dribbling.

Una menzione finale per Divock Origi, l’uomo del destino. Scomparso dai radar fino allo scorso anno e letteralmente risorto in questa stagione, dopo la doppietta contro il Barcellona, il belga ha firmato la sua terza segnatura un questa Champions, mettendo il sigillo sul trionfo. Usato nei momenti giusti da Klopp, è riuscito a portare il massimo risultato con il minimo del minutaggio, con l’incredibile tasso di conversione del 100%, tre tiri in Champions League, tre gol.  

Sezione: Champions League / Data: Dom 02 giugno 2019 alle 12:34
Autore: Alberto Falcomer
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