E' possibile un mondo del calcio senza San Siro? Evidentemente sì. Il Meazza, uno degli stadi più belli ed affascinanti di tutto il mondo, rischia di scomparire per sempre, cancellato per far spazio ad un nuovo avveniristico impianto fatto d'acciaio, cemento e vetro. L'ultimo pezzo di quel calcio romantico che non c'è più, di quel calcio schiacciato dal peso delle pay-tv, del football spezzatino, delle piattaforme digitali, delle partite in Arabia o in Cina, tra qualche anno non sarà altro che un ricordo.
Ci resteranno solo e soltanto i ricordi, la memoria di quelle grandi emozioni che la Scala del calcio (e chi ci ha giocato dentro) ha saputo regalarci. Dal 1926 ad oggi, 93 anni di passione incrollabile, di epiche notti, di storie che sopravvivranno per sempre, di tifosi festosi, di lacrime di gioia e di dolore.
Vincono ancora una volta i soldi, l'unica fattore determinante del calcio d'oggi. Ciò che importa è che l'impianto faccia utili, che crei denaro in grado di continuare ad alimentare il sistema. Null'altro. Inter e Milan, in cerca di soluzioni per colmare il gap con le superpotenze europee, sono giunti, purtroppo, a questa conclusione: abbandonare San Siro, teatro di vittorie e imprese leggendarie per ambo le parti, per trasferirsi in una nuova casa con tanto di ristoranti, bar, musei, comodità, palchi extralusso, maxischermi ovunque, shopping center e via dicendo. Le cose che servono oggi, perché ciò che conta è che si consumi, il calcio è solo un viatico.
E' questa la scelta più logica, economica e tempestiva. Perché costruire uno stadio da zero, una struttura più contenuta da 60mila posti, costa decisamente meno che risistemare il caro vecchio Meazza. Perché in tre anni il nuovo stadio sarebbe una realtà mentre una ristrutturazione dell'attuale impianto potrebbe rimanere per molto tempo bloccata nei meandri oscuri della burocrazia italiana, burocrazia che già in passato ha già ucciso ogni progetto a riguardo.
Ne perde Milano, che si vedrà privata di quello che a tutti gli effetti è un monumento simbolo della città, ne perde il calcio italiano che dovrà dire addio a quella che è la sua storia, ne perdiamo tutti noi tifosi che ogni volta che saliamo le gradinate di San Siro sentiamo sempre quel brivido scorrerci in corpo. È come se qualcuno volesse abbattere il Duomo o il Pantheon per rifarli più funzionali e moderni. Una follia. Per questo motivo anche soltanto pensare di abbattere San Siro è un insulto alla storia e alla cultura popolare. San Siro non è solo la Scala del Calcio, è Milano.
Qualcuno ha detto che Wembley o Highbury sono stati demoliti e e poi ricostruiti. E' vero, è accaduto proprio così, ma siamo sicuri sia stata la mossa giusta? No, non ne sono convinto. Trasformare, come è successo con il vecchio stadio dell'Arsenal, la storia in un complesso di appartamenti e centri commerciali è un crimine, una speculazione che con il calcio non ha nulla a che vedere.
In pochi giorni, non solo a Milano ma in tutta Italia, si è costituito un compatto fronte del no, un fronte composto da chi non vuole arrendersi a questo scempio. Rivera ha fatta subito capire che il Milan non può avere altra casa al di fuori di San Siro, l'ex presidente dell'Inter Moratti s'è detto inorridito abbattuto, lo stesso ha fatto Mazzola. Perfino al di fuori del calcio, nella politica, nel giornalismo, tutti sembrano volersi schierare in difesa del Meazza. Ora la parola passa a chi amministra la città, al sindaco Sala che ha subito fatto capire di non gradire moltissimo questa operazione. Ecco, forse la sua intercessione potrebbe rappresentare la salvezza, potrebbe far ragionare le due proprietà, cinese e americana.
San Siro resterà per tutti noi sempre San Siro e nulla potrà mai sostituirlo. Quel monumento deve restare al suo posto, in tutto il suo splendore. Abbatterlo? No, mai!
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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