Il destino, ancor più di mister Antonio Conte, ordina e l’Inter esegue. E anche se il tecnico nerazzurro non ci pensava assolutamente a reputare questa partita una finale, alla fine tale era perché qualora non fosse arrivato un successo, la squadra nerazzurra rischiava davvero di salutare con troppo anticipo le speranze di qualificazione agli ottavi di finale. Il Borussia Dortmund, poi, arrivava con tutti i crismi di autentico spauracchio, anche nonostante l’assenza di due pezzi da novanta come Marco Reus e Paco Alcacer: la freschezza e la vivacità di elementi come Jadon Sancho, uniti all’esperienza di gente come Axel Witsel e Mats Hummels e ai lampi di Thorgan Hazard,che sin qui pare essersi espresso decisamente meglio rispetto a quanto fatto dal più celebre fratello Eden, bastavano e avanzavano come carta d’identità per regalare al pubblico di San Siro una notte di apprensione.

L’Inter doveva vincere e doveva farlo in quella partita dalla quale sarebbero passati indubbiamente tanti dei giudizi sulla qualità della rosa di Conte, viste anche le defezioni pesanti, ultima in ordine di tempo quella di Matias Vecino; una partita dove un risultato negativo sarebbe stato, come detto, deleterio sotto molti aspetti. L’Inter riesce a vincerla e riesce a vincerla anche in bella maniera: riducendo in primo luogo al minimo sindacale le sofferenze, trasformando un avversario che veniva dipinto come il più difficile da affrontare per partite di questo tenore in un docile cagnolino, in grado forse solo di abbaiare in maniera un po’ rumorosa ma mai davvero capace di mordere dalle parti di Samir Handanovic, impegnato davvero solo con un tiro troppo angolato di Sancho e con una palla maligna in area spazzata dalla difesa. Poi, facendo vedere un lato diverso di sé: molto più fredda, capace di gestire nella maniera ottimale l’intero incontro, aprendolo con una giocata lampo chiusa alla grande da Lautaro Martinez e poi congelata per bene nella ripresa, fino agli ultimi minuti dove con le continue incursioni in avanti i nerazzurri hanno legittimato oltremodo il vantaggio, con il fuoco d’artificio finale della micidiale ripartenzaorchestrata in maniera esemplare da Marcelo Brozovic e chiusa con un colpo da maestro dal rigenerato Antonio Candreva.

Non è stata sicuramente l’Inter più bella del mondo, e quella di ieri sera non passerà certo come una partita da tramandare ai posteri alla voce ‘spettacolo del calcio’. Assolutamente no. Ma di questo, davvero, all’Inter davvero importa ben poco. L’importante era ottenere questi tre punti e i tre punti sono arrivati. Se però c’è un aspetto per il quale i nerazzurri meritano gli applausi è stato quello di essersi messi subito alle spalle gli spasmi emotivi del pomeriggio di Reggio Emilia per mostrare il suo volto più freddo e cinico, superando alla grande quello che, in base ad un termine del quale forse si è un po’ abusato nelle ultime ore, era stato dipinto come un esame di maturità. L’Inter, ieri, ha effettivamente giocato da squadra matura, di spiccata intelligenza tattica, andando in pressione quando serviva e nascondendo in maniera efficace il pallone neutralizzando quella che forse era la principale arma in mano alla compagine di Lucien Favre, vale a dire le ripartenze.

Piace l’Inter come squadra, piacciono tantissimo tanti singoli dell’Inter: se non è una sorpresa la maiuscola prova in regia di Marcelo Brozovic, Roberto Gagliardini e soprattutto Nicolò Barella si sono rivelati ancora una volta dei veri e propri scudieri di razza dell’epic croato, il primo per la diligenza e la pulizia nelle giocate, il secondo per l’incredibile garra agonistica e la generosità che se da un lato continua a renderlo esposto alla tendenza di prendere gialli anche un po’ gratuiti, dall’altro lo portano a lottare come un ossesso su ogni pallone andando a combattere contro degli avversari che fisicamente dovrebbero sovrastarlo ma che devono fare i conti con il cuore grande di questo ragazzo che ogni volta calamita su di sé decine di falli, alcuni anche di una sporcizia inusitata. Non sembra più fare nemmeno notizia nemmeno Stefan de Vrij, ormai una cassaforte blindata a protezione della porta di Samir Handanovic, che questa volta è più forte persino del dolore che sembra metterlo fuori causa a fine primo tempo e rende inutile il lungo riscaldamento al quale si sottopone Alessandro Bastoninell’intervallo. Il tutto senza dimenticare Antonio Candreva, semplicemente un altro giocatore.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 24 ottobre 2019 alle 07:23
Autore: Redazione Eurochampions
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