Da ora in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per almeno cento anni”.

 

Questa fu la frase pronunciata da Bèla Guttmann nel maggio del 1962, prima di lasciare l'incarico come allenatore del Benfica. Sono passati quasi sessant'anni e quelle parole per i tifosi portoghesi hanno assunto le sembianze di una tremenda maledizione, viste le otto finali perse da quel giorno tra Champions League ed Europa League. L'ultima in ordine cronologico è l'Europa League 2013/14, vinta dal Sevilla proprio contro il Benfica ai rigori.

 

Béla Guttmann, l'ultimo allenatore a far vincere un grande trofeo internazionale alle Águias ("le aquile" in portoghese) nei primi anni sessanta, non fu un uomo qualunque. Di religione ebraica riuscì a sfuggire all'Olocausto per miracolo e fu un instancabile giramondo, ben prima della grande globalizzazione del calcio. Lavorò come allenatore in nove diversi paesi tra Europa e Sud America, tra cui anche l'Italia dove allenò al Milan, al Padova, alla Triestina e al Vicenza. Nella stagione 1957/58 si trovava al San Paolo e qui sviluppò il suo 4-2-4 tutto attacco e fantasia, che fu poi copiato in ogni minimo dettaglio dal c.t. brasiliano Vicente Feola. Il Brasile con questo sistema di gioco incantò tutti al Mondiale tenutosi in Svezia quell'estate e vinto proprio contro i campioni di casa. L'attacco verdeoro era composto da Dìdì, Vavà, Garrincha e un giovanissimo Pelè. Ebbe il merito di scoprire e plasmare la “Pantera Nera” Eusébio e dopo due Coppe dei Campioni consecutive vinte, contro il Barcellona di Luisito Suárez e il Real Madrid di Gento, Di Stefano e Puskas, probabilmente un semplice aumento di stipendio lo avrebbe anche meritato. Ma i dirigenti non ne vollero sapere e, siccome Guttmann non era un uomo comune, non se ne andò sbattendo solo la porta. Scagliò infatti l'anatema secolare che avrebbe perseguitato il club portoghese fino ai giorni nostri. Molti tifosi invani sono andati a far visita alla tomba del grande maestro magiaro chiedendo una sorta di grazia, ma non è servito a nulla. Prima della finale della Coppa dei Campioni 1989/90, contro il Milan, vi si recò, quasi in lacrime, anche l'allievo migliore di Guttmann, Eusébio. Neanche la preghiera della “Pantera Nera”, uno dei più grandi portoghesi di tutti i tempi, riuscì a scalfire la maledizione. Salvo miracoli il Benfica dovrà patire ancora per quarantatre anni, senza vincere alcun trofeo internazionale.

 

Questa sera le Águias si giocano il passaggio alle semifinali di Europa League contro l'Eintracht Francoforte. Il Benfica parte da un 4 a 2 maturato nella partita d'andata al da Luz e con la nuova stella della squadra, João Félix, in un periodo di grazia, vista anche la tripletta proprio nel primo match contro i tedeschi. Riuscirà il giovane talento portoghese ad essere più forte della maledizione? Non ci resta che scoprirlo guardando Eintracht Francoforte-Benfica questa sera alle 21:00.

Sezione: Storia / Data: Gio 18 aprile 2019 alle 15:00
Autore: Andrea Lizzano
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