Nella sua (lunga) carriera italiana, Josip Ilicic ha avuto sempre addosso un'etichetta. Quella del giocatore discontinuo, che sapeva infiammare con una giocata ma che spesso riposava in campo, accendendosi solo a intermittenza. Riuscire a fare novanta minuti ad alto livello, per più di qualche settimana, era qualcosa di raro. Da quando era il dioscuro di Javier Pastore, al Palermo, oppure della Fiorentina di Paulo Sousa, prima in classifica fino a gennaio. Prima grandi voli pindarici, poi le ali bruciate al sole come Icaro: retrocessione in rosanero, contestazione e fuga da Firenze.

DA GRANDE CLUB - L'Atalanta è una provinciale, questo è vero, ma a trentadue anni Ilicic può essere finalmente entrato nella stagione della completa maturità. L'azione passa dai suoi piedi e da quelli di Gomez, quando uno dei due manca c'è meno verve, meno imprevedibilità in fase di palleggio e di costruzione. Ieri Ilicic lo ha detto: "Per me siamo tutti quandi da grande club", ben sapendo che essere nelle prime sedici di Europa costituisce un target mai visto nella storia della provincia italiana dopo la costituzione della Champions.

MAI IN GOL IN CHAMPIONS - Ilicic è fermo a Dortmund. Al Signal Iduna Park, alla doppietta nei sedicesimi di Europa League che aveva lanciato i nerazzurri verso il ritorno del Mapei Stadium di Reggio Emilia con speranza. Il 3-2 finale era stato inutile, però, visto il pari in Emilia, la settimana successiva. Da lì ci sono stati i preliminari dell'anno scorso, oppure il girone di Champions: Ilicic è fermo al palo, oppure al rigore contro lo Shakhtar Donetsk, con Pyatov come protagonista. Ilicic deve ancora segnare in Champions, forse l'unica necessità per assolvere a uno status superiore.

Sezione: Approfondimenti / Data: Mer 19 febbraio 2020 alle 12:09
Autore: Redazione Eurochampions
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