Doveva essere l’anno della svolta, la stagione senza macchia. Dagli ottavi, spazio al VAR, il Video Assistant Referee, e addio alle sviste arbitrali. Così doveva essere, almeno sulla carta. In realtà, l’innovazione tecnologica in vigore da due stagioni in Italia ha già mostrato i suoi limiti. E a farne le spese è stata proprio una formazione italiana. La Roma esce da Oporto tra le lacrime di Alessandro Florenzi e la delusione generale di un gruppo che ha dato tutto, andando forse oltre i limiti di una rosa acerba. Purtroppo, l’errore del terzino e la scarsa freddezza di Edin Dzeko in attacco sono stati fatali ai tempi supplementari. Ma oltre allo scoramento per il risultato negativo, c’è anche un forte senso di ingiustizia. Colpa dell’arbitro turco Cakir, che prima si affaccia al monitor per accertarsi dell’infrazione commessa dal numero 24 giallorosso e poi si limita a parlottare all’auricolare con gli assistenti posti davanti allo schermo, senza visionare il caso spigoloso legato al contatto Schick-Marega nell’area di rigore portoghese.

I due episodi sono quantomeno discutibili. Florenzi strattona per la maglia Fernando, commettendo fallo, anche se, a dire il vero, il giocatore del Porto difficilmente sarebbe arrivato sul pallone. Rigore molto fiscale, ma lecito. Ad un minuto dalla fine dei supplementari, lo sgambetto dell’attaccante dei padroni di casa ai danni del ceco della Roma. Un contatto non semplice da valutare, sicuramente meritevole di una notevole attenzione, dati il momento in cui si verifica l’episodio e la sua importanza ai fini del risultato finale. Perché Cakir ed i suoi assistenti sono stati tanto zelanti nella prima occasione e non hanno osato prendersi perlomeno qualche secondo in più per riflettere sul secondo caso? Perché si sono utilizzati due pesi e due misure per situazioni così delicate? In questo modo il VAR non va. Già perché se è vero che l’ausilio tecnologico non deve diventare un assoluto protagonista, è altrettanto corretto non fare distinzioni tra i vari casi, appoggiandosi proprio all’innovazione. In fondo, quando può diventare importante disporre del Video Assistant Referee se non in un momento così caotico e confuso come l’epilogo dei tempi supplementari? Così, si ha l’impressione che la moviola abbia fatto il suo dovere a metà, favorendo il Porto di Sergio Conceiçao, comunque magnifico interprete della gara dell’Estadio do Dragao, a discapito della Roma.

No, così non va il VAR. Il caso dell’ottavo di finale di Oporto non deve comunque suonare come una bocciatura totale. Le valutazioni andranno fatte più avanti, con un quadro migliore. Finora, complessivamente, l’innovazione tecnologica non aveva affatto sfigurato, contribuendo ad evitare pericolose sviste. Un esempio sta nel rigore concesso al Manchester United contro il PSG o nella gara di andata tra Atletico Madrid e Juventus, con la rete annullata ad Alvaro Morata per una spinta su Chiellini. Insomma, il tempo per correggere e limare i difetti non manca. Sicuramente, servirà riflettere sui fatti dell’Estadio do Dragao perché rimediare figuracce in mondovisione non è mai piacevole, ancor più se le scuse sulle sviste sono ridotte al lumicino con l’avvento dell’ausilio video. È un’analisi necessaria per dare credibilità all’intero sistema. Chissà se la bruciante eliminazione della Roma sarà servita almeno a ravvisare le magagne del nuovo corso. Una piccola consolazione per gli spettatori neutri, ma non andatene a parlare con Manolas e compagni…

Sezione: Editoriale / Data: Gio 07 marzo 2019 alle 09:00
Autore: Federico Mariani
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