Paolo Rossi, ancora oggi, giovani e meno giovani, lo ricordano come l'hombre del partido di quel torrido pomeriggio trascorso nella capitale catalana, quel 3-2 al Brasile tutto d'un fiato, altalenante, emozionante, che spianò la strada agli azzurri verso la conquista del loro terzo titolo mondiale, dopo le Rimet '34 e '38. Ancora oggi è Pablito, l'eroe del Mundial '82. Poterci fare quattro chiacchiere lui, con un campione del mondo e pallone d'oro, è sempre una grande emozione. Assieme al mitico Paolo, un'icona vivente del nostro calcio, abbiamo fatto un punto sull'andamento sulla nuova giovine Italia del ct Mancini.
Tornando indietro nel tempo, che sensazione è stata quel 3 a 2 al Brasile nel Mundial dell' '82?
"Volevo restituire qualcosa alla Nazionale ma fino quel giorno non ci ero mai veramente riuscito. In quella partita ho iniziato a segnare, dentro il primo, poi il secondo e il terzo. Mi sembrava una cosa naturale, in campo non c'ho pensato più di tanto, non credevo di aver fatto nulla se non il mio mestiere. Negli anni ho realizzato che è stato qualcosa di unico".
Con Zico poi è nata una bella amicizia ed una collaborazione a livello di giovani.
"Sono amico di Zico ormai da molti anni. Stiamo parlando di uno dei calciatori più forti di tutti i tempi, ho avuto la fortuna di consocerlo tanti anni fa e di mantenere sempre un ottimo rapporto. Lui in Brasile ha diverse scuole calcio, io ho una mia academy, abbiamo cercato di unire queste due realtà, di far crescere quei giovani interessanti".
Cosa ritiene sia cambiato maggiormente rispetto ai suoi tempi?
"Prima in Nazionale ci arrivi dopo aver dimostrato qualcosa, dopo aver fatto almeno un paio di campionati straordinari. Io la prima partita in azzurro l'ho giocata dopo aver fatto 45 gol in due stagioni con la maglia del Vicenza. Ora sono cambiati i tempi, si scommette sulle potenzialità dei giocatori, la Nazionale è diventata anche un'occasione per crescere e per mettersi in mostra".
Che impressione le ha fatto l'Italia a Udine?
"E' stata una bella serata anche per il pubblico friulano che ha contribuito alla vittoria degli azzurri con un'atmosfera unica. Sotto l'aspetto del tifo è stata una serata magica, la Nazionale in Friuli trova un'accoglienza ed un calore difficili da trovare altrove. Un affetto così non si vedeva da tanto tempo, mi sono davvero entusiasmato. Lo stadio è bellissimo, ogni società dovrebbe avere un impianto così. Lo stadio Friuli è un biglietto da visita che il nostro calcio può mostrare in giro per l'Europa e per il mondo.
Quella di Mancini è una Nazionale rinnovata. Si può aprire davvero un nuovo ciclo?
"Dopo il disastro della mancata qualificazione al mondiale russo c'era davvero la necessità di azzerare tutto, di ricominciare da capo. Roberto ha avuto il coraggio di cambiare, di inserire tanti giovani. Ha portato dentro alcuni giocatori che un anno fa erano poco più che degli sconosciuti, penso a Zaniolo e Kean che d'ora in poi invece saranno delle pedine fondamentali per il progetto tecnico azzurro, a Grifo e a Piccini. Ci voleva questa ventata di novità, possiamo finalmente dire che c'è una generazione di giovani emergenti che possono provare ad aprire un ciclo importante".
Una Nazionale di giovani ma anche di giocatori esperti. Quagliarella ha stupito ancora una volta tutti.
"Un giocatore a 36 anni con quella freschezza e con quello spunto è qualcosa di davvero straordinario. Ha un senso dello smarcamento e del gol incredibile. Tutto quello che fa là davanti si trasforma in occasioni da gol. Il movimento da cui nasce poi il tiro all'incrocio dei pali è da manuale del calcio. E' un attaccante vero, uno di quelli che aggredisce lo spazio e poi calcia in porta. E' stato accolto in una maniera straordinaria dal pubblico friulano, mi ha fatto piacere perché è un esempio di professionalità e di umanità".
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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