Veloce, istintivo ed imprevedibile. Ma anche lucido e coraggioso, dotato di un notevole acume nello svolgere la propria mansione in campo. Gordon Banks non era un portiere normale. Anzi, è stato uno dei pochissimi estremi difensori vissuti all’epoca di Lev Jascin in grado di reggere il confronto con l’unico numero uno capace di vincere il Pallone d’Oro. Inglese nato a Sheffield il 30 dicembre 1937, ha fatto le fortune di Leicester e Stoke City tra il ’59 ed il ’72, prima della breve avventura negli Usa ed in Irlanda. Banks si è contraddistinto per il suo modo di giocare. Univa la spericolatezza nelle uscite alla reattività tra i pali. Gestiva l’area di rigore con attenzione, non esitando a spingersi anche oltre i propri limiti, addentrandosi talvolta nel territorio dei grandi attaccanti. E poi aveva una lettura dell’azione e delle traiettorie fuori dal normale; una qualità che gli permetteva di coprire lo specchio della porta con pochi passi. Persino un grandissimo come Dino Zoff ha ammesso di aver preso spunto dal britannico per migliorare il suo già notevole talento.
Indubbiamente il nome di Banks è legato alla Nazionale inglese. Con la maglia dei Tre Leoni, il portiere ha scritto pagine memorabili. Le sue mani sono state badili indispensabili per costruire le fondamenta al sogno iridato dell’Inghilterra nel Mondiale casalingo del 1966. Gara dopo gara, Gordon ha contribuito a realizzare il desiderio di un’intera nazione, unita da un’impresa sportiva mai più replicata. Pur senza prendersi la copertina assoluta, l’estremo difensore è entrato nella storia da campione del mondo nella Gold Generation inglese dei tre Bobby, ossia Robson, Moore e Charlton. Le luci della ribalta sono arrivate quattro anni dopo, nei quarti di finale del Mondiale messicano. In pochi possono vantarsi di aver strozzato in gola un urlo di gioia a ‘O Rei Pelé. Banks ci è riuscito ed in grande stile, con una parata straordinaria su un colpo di testa del fuoriclasse brasiliano indirizzato all’angolino basso alla sua destra. Due passi veloci, il tuffo disperato e la smanacciata in corner. Una prodezza impressionante, la “parata del secolo” per molti. Un numero gestito dallo stesso Gordon con tranquillità e senso del dovere. Nessun festeggiamento, via di nuovo a difendere i propri pali, con una consapevolezza da fenomeno. Qualità emerse nell’ultima partita della sua vita, quella contro il tumore che oggi se lo è portato via ad 81 anni. Rimangono i numeri da record, come il primato legato all’imbattibilità dei numeri 1 inglesi, ben 721 minuti. Resta il ricordo di un campionissimo capace di entrare nell’immaginario collettivo con uno dei gesti tecnici più belli di sempre.
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